I riti servono. I riti, che piacciano o no, sono necessari alla nostra mente per organizzarsi. C’è un limite entro cui la ritualità è sana, fa bene, dà sicurezza.
La pandemia di Coronavirus, dalla quale stiamo a fatica uscendo, ha cambiato molte abitudini. Sono stati sospesi rituali fondamentali – come le cerimonie funebri, che sono un momento basilare del percorso di elaborazione del lutto – e ne sono stati introdotti altri, come l’attenzione alla contaminazione.
Ho già parlato di come i rituali, le routine, siano un alleato fondamentale per la crescita dei bambini più piccoli ma oggi vorrei concentrarmi su un rito che è stato negato a più di 8 milioni di studenti… l’ultima campanella, con tutto quello che ne consegue. Lungi da me paragonare la privazione di un rito funebre al suono dell’ultima campanella ma credo sia necessario dare l’adeguata importanza a quello che i nostri bambini e ragazzi hanno vissuto fino a ora. L’ultima campanella è una consuetudine consolidata: un taglio netto tra quello che sono stati i 9 mesi tra i banchi e quello che saranno i 3 mesi estivi. Segna il cambio della routine… e quest’anno, come avverrà questo taglio? Perché sappiatelo, deve avvenire!
La didattica a distanza, oltre ad aver lasciato indietro molti alunni, ha tralasciato aspetti e rituali fondamentali. E ora che da qualche giorno sono iniziate le tanto attese vacanze la percezione è che quest’anno più di altri giungano come un vero e proprio sollievo per le famiglie, che ormai da mesi devono gestire il problema di dove e a chi lasciare i bambini… problema che un tempo era tipico “solo” del periodo estivo e invece adesso perdura da mesi.
Garantite ai vostri figli, nei limiti di quello che le attuali restrizioni consentono, i riti tipici della fine della scuola, dalla sistemazione dei libri dell’anno scolastico appena concluso alla maggior permissività sulle uscite serali o sul tempo dedicato al gioco. Questo consentirà loro di percepire meglio questo tempo che sembra ancora troppo sospeso, fermo a quel sabato 22 febbraio 2020 quando hanno sentito suonare per l’ultima volta la campanella di scuola.
I riti servono. I riti, che piacciano o no, sono necessari alla nostra mente per organizzarsi. C’è un limite entro cui la ritualità è sana, fa bene, dà sicurezza.
La pandemia di Coronavirus, dalla quale stiamo a fatica uscendo, ha cambiato molte abitudini. Sono stati sospesi rituali fondamentali – come le cerimonie funebri, che sono un momento basilare del percorso di elaborazione del lutto – e ne sono stati introdotti altri, come l’attenzione alla contaminazione.
Ho già parlato di come i rituali, le routine, siano un alleato fondamentale per la crescita dei bambini più piccoli ma oggi vorrei concentrarmi su un rito che è stato negato a più di 8 milioni di studenti… l’ultima campanella, con tutto quello che ne consegue. Lungi da me paragonare la privazione di un rito funebre al suono dell’ultima campanella ma credo sia necessario dare l’adeguata importanza a quello che i nostri bambini e ragazzi hanno vissuto fino a ora. L’ultima campanella è una consuetudine consolidata: un taglio netto tra quello che sono stati i 9 mesi tra i banchi e quello che saranno i 3 mesi estivi. Segna il cambio della routine… e quest’anno, come avverrà questo taglio? Perché sappiatelo, deve avvenire!
La didattica a distanza, oltre ad aver lasciato indietro molti alunni, ha tralasciato aspetti e rituali fondamentali. E ora che da qualche giorno sono iniziate le tanto attese vacanze la percezione è che quest’anno più di altri giungano come un vero e proprio sollievo per le famiglie, che ormai da mesi devono gestire il problema di dove e a chi lasciare i bambini… problema che un tempo era tipico “solo” del periodo estivo e invece adesso perdura da mesi.
Garantite ai vostri figli, nei limiti di quello che le attuali restrizioni consentono, i riti tipici della fine della scuola, dalla sistemazione dei libri dell’anno scolastico appena concluso alla maggior permissività sulle uscite serali o sul tempo dedicato al gioco. Questo consentirà loro di percepire meglio questo tempo che sembra ancora troppo sospeso, fermo a quel sabato 22 febbraio 2020 quando hanno sentito suonare per l’ultima volta la campanella di scuola.